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Il Giornale dell'Architettura - Newsletter 159
13/12/2018
Il 10 dicembre ricorrevano i 70 anni della Dichiarazione universale dei diritti umani, mentre il 14 dicembre si conclude la Conferenza COP 24 ONU sui cambiamenti climatici, apertasi a Katowice il 3 dicembre. In tempi drammatici come i nostri, solo degli stolti potrebbero non riconoscere come quelli (i diritti umani) siano condizionati da questi (i cambiamenti climatici). E, in questi giorni, l'emergenza clima ci viene ricordata dall'installazione “Ice watch” dell'islandese Olafur Eliasson il quale, a Londra davanti alla Tate Modern, ha sbarcato da un fiordo della Groenlandia 24 blocchi di ghiaccio che resisteranno... fino a quando il clima glielo concederà.
Così (al netto del marketing di Stefano Boeri, tra i promotori dell'evento), vale la pena indugiare sulle sollecitazioni di Marc Palahí, tra i relatori di punta del recente Forum sulle foreste urbane (mica male l'ossimoro, no?), nel cambiare i paradigmi di approccio alla progettazione urbana, per segnare una netta inversione di tendenza rispetto al mainstream delle prassi correnti.
Così, contravvenendo alla nostra buona abitudine di riportare i progetti solo dopo averne verificato personalmente gli esiti in loco, abbiamo dato spazio alla Maidan tent del campo profughi di Ritsona, in Grecia: perchè, in tempi di trionfante pensiero sovranista, fa bene andare un po' contromano e parlare di architettura per i migranti e non di barriere e modalità per respingerli.
Così, apprezziamo i libri sull'impegno sociale di Rozana Montiel e, vieppiù, le istruzioni per l'uso nei manuali di autocostruzione redatti da Yona Friedman (qualcuno magari ricorda le corbusieriane Maisons Murondins?). Beh, se questo è populismo, allora ci piace.
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