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Il Giornale dell'Architettura - Newsletter 224
14/05/2020
Quali politiche per quali spazi nel post Covid-19? Intanto, se dovremo stare distanti (fisicamente, non socialmente), serve una maggior quantità di spazio pubblico, più capiente, più articolato, più polisemico e polifunzionale; uno spazio ibrido, fatto di più componenti, flessibile a diversi usi. Il fatto è che, come abbiamo già più volte accennato nelle scorse settimane, i termini "ibridazione" o "densità" sono calati a picco negli indici di popolarità...
Inoltre, ai fini della messa a punto di strategie per le aree interne del Paese, lo spazio, come entità fisica le cui specificità vanno declinate territorialmente, reclama di essere attentamente conosciuto, e non omologato o equiparato ad entità astratta.
Andiamo poi in Cina, dove tutto è cominciato e dove, ora, il mondo dell'edilizia è già ripartito. Come se la passano i progettisti? Arriveranno i flussi di persone previsti nel nuovo mastodontico aeroporto di Pechino? Proseguirà l'infrastrutturazione mondiale a trazione cinese, anche ora che i Paesi esteri, ammaliati e soggiogati dal miraggio della nuova "Via della seta", sono, per via della crisi, a corto di soldi (prestati dai cinesi), con cui pagare le imprese (in gran parte cinesi) che hanno costruito le opere?
Così, per saggiare la pervasività del gigante asiatico, apriamo una finestra sull'Africa, tra Gibuti e l'Etiopia, dove si stanno realizzando le "grandi opere". E lì restiamo, scendendo in Sudafrica, per registrare le prime prove di de-densificazione urbana, applicate ai "focolai" delle township e degli insediamenti informali, laddove il traguardo dell'inclusione sociale, posto dalla pianificazione (si veda il caso di Durban, analizzato pre-Covid), era già una scommessa prima del virus ed ora rischia di trasformarsi in una chimera, con il rischio di deflagrazione di nuovi conflitti causati dalle crescenti disuguaglianze.
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