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Il Giornale dell'Architettura - Newsletter 325
07/07/2022
Questa settimana "sfruttiamo" la Toscana come cartina al tornasole per scandagliare due temi. Il primo riguarda le modalità, spesso improprie, di riuso dell'ingente patrimonio di case rurali nel caso-studio Mugello, che richiamano questioni già viste nell'ambito della nostra inchiesta sulle aree interne; se l'approccio progettuale applica visioni e paradigmi di taglio prettamente "urbano", allora anche le risorse provenienti dall'attuale bando del PNRR per il recupero di tale patrimonio rischieranno di essere assai mal allocate.
Il secondo tema riguarda invece i premi di architettura, virtuosi nella misura in cui riescono a riverberarsi oltre il "recinto" degli addetti ai lavori. Nella fattispecie, gli esiti del Premio Architettura Toscana rivelano interventi contestuali di particolare qualità. E, parallelamente, ricordiamo anche il Premio italiano di Architettura, promosso da MAXXI e Triennale di Milano, giunto anch'esso alla terza edizione, che ha laureato lo studio Modus Architects per la ristrutturazione e ampliamento della Accademia Cusanus di Bressanone (mostra dei sei progetti finalisti aperta al MAXXI fino all'11 settembre), oltre ad Atelier Remoto (Valentina Merz e Lara Monacelli Bani) come miglior giovane progettista, e ad Andrea Branzi alla carriera.
Siamo poi finalmente andati a calcare il mitico suolo, finora inaccessibile, della pista del Lingotto a Torino, parzialmente trasformata in giardino; ma, al di là del gran battage sui giornali generalisti di proprietà del Gruppo GEDI (leggasi finanziaria Exor, citofonare famiglia Agnelli), non ci siamo affatto trovati di fronte alla High Line di New York, e neppure ad un surrealista parco sospeso sul tetto (tipo la Strijp S per l'ex Philips a Eindhoven).
Un miglior effetto di spaesamento sembra invece sortirlo l'allestimento della mostra fotografica sull'architettura italiana del secondo dopoguerra nel cortile di Palazzo Altemps a Roma.
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