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Il Giornale dell'Architettura - Newsletter 432. Architettura sostantivo femminile
28/11/2024
Questa settimana diamo avvio a una nuova inchiesta a puntate. Come sottolineano le curatrici Emma Tagliacollo e Laura Milan nell’introduzione, «È arrivato il momento di provare a indagare la professione al femminile. Lo facciamo partendo dalle modifiche del linguaggio e dalla società, passando dai numeri e dai dati ufficiali, dalla storia delle prime protagoniste e dai riconoscimenti, per poi avvicinarci alle architette. La sfida è quella di comprendere il loro ruolo nel mondo contemporaneo con le coordinate che ci hanno fornito le ricerche più recenti. La base è una prospettiva d’indagine il più possibile concreta e legata al progetto, per un affresco che possa “tenere insieme” tutte le fragilità di una professione che non ammette fragilità». I dati si commentano da soli: le donne sono più meritevoli e più rapide nella formazione, sono più numerose e più giovani nel mondo lavorativo, eppure guadagnano molto molto [ripetizione voluta, non trattasi di refuso] meno e sono molto molto [idem come sopra] meno visibili degli uomini. Ovviamente non ci azzardiamo a parlare di patriarcato, in quanto i nostri governanti ci hanno chiaramente detto che non esiste… Ma oltrepassando i vergognosi squilibri, la nostra inchiesta richiama l’attenzione sulla prospettiva di genere come occasione per portare un altro sguardo sul mondo stesso del progetto dei nostri edifici e delle nostre città: «Non è sufficiente fermarsi a individuare donne che si siano occupate di fare bene ciò che hanno fatto altri uomini». Perché, se ci è concesso un accostamento del tutto gratuito e fuori tema, ci piace riprendere un aforisma tratto dal fortunato romanzo d’esordio La strangera di Marta Aidala (Guanda, 2024): «Le montagne sono donne immense, eppure tante portano nomi di uomini».
Ci spostiamo poi a Bergamo, dove riscontriamo la densità edilizia del progetto ChorusLife; densità che sembra riverberarsi anche nel linguaggio formale piuttosto greve. D’altronde, il modello è il capoluogo lombardo, il cui modus aedificandi è una locomotiva a trazione privata che non si può arrestare, come dimostra il provvedimento "Salva Milano", adottato dal Parlamento proprio nelle scorse settimane e messo alla berlina sia da Paolo Pileri in un articolo pubblicato su "Altreconomia", sia da Alessandro Coppola, Elena Granata, Arturo Lanzani e Antonio Longo in un articolo pubblicato su "Gli stati generali".
Meglio guardare alla Finlandia, dove a Tampere la costruzione del Tammela Stadium è stata l'occasione per realizzare davvero un tassello di città, con residenze e servizi incorporati.
Infine, siamo esterrefatti nel constatare che un capo d'opera come l'asilo Sant'Elia a Como non solo non ospiti più i piccini (con tanto di coda di appassionati fuori dei cancelli, in attesa di poterlo visitare), ma debba appellarsi al voto dei luoghi del cuore del FAI perchè non rischi di cadere definitivamente a pezzi.
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