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Il Giornale dell'Architettura - Newsletter 439
16/01/2025
“This is the beginning of a new era”, diceva anni fa Al Gore, già vicepresidente Usa con Bill Clinton. Sembrano parole adatte ad aprire questa nostra newsletter. Che proprio dagli States, nella settimana in cui si inaugura la nuova-vecchia presidenza Trump, parte.
Gli incendi californiani sono eventi traumatici, oltre che distruttivi. Emblematici di questa era, perché fenomeni simili (ed è una realtà che stiamo imparando a conoscere molto, troppo, bene) saranno sempre più diffusi ed estremi, a causa delle crisi climatiche in atto.
Ma hanno anche in sé una forza simbolica che travolge l’identità stessa dei nostri territori e delle nostre città. Emanuele Piccardo ci parla di come l’immagine stessa di Los Angeles - che si è costruita in decenni di cultura architettonica, urbana e visiva - sia messa in forte discussione.
Cambiano i parametri e i punti di riferimento.
Cambiano le città. Quelle che hanno costituito lo sfondo delle riflessioni condotte da due figure esemplari che ci lasciano in questi giorni. Sono Françoise Choay (100 anni, storica e filosofa parigina, la ricorda per noi Andrea Pane) e Marco Romano (91 anni, architetto e studioso milanese, indomito sperimentatore di linguaggi, nel ritratto che ne dà Marco Trisciuoglio).
Restano pagine e lezioni utili per un mondo della professione – anch’esso – in forte tensione.
Laura Milan legge e interpreta un’interessante ricerca internazionale da cui emerge un dato che non può lasciare indifferenti, qualunque sia il giudizio che possiamo darne: quasi la metà dei (tanti, in Italia soprattutto) laureati in architettura fa un lavoro diverso da come tradizionalmente inteso.
Meno progetti in senso canonico, meno cantieri, più professioni creative. Che siano practitioners (copyright Lesley Lokko) o placemakers (Elena Granata), il senso è chiaro: le società si trasformano – anche, e forse soprattutto – con azioni diverse e ibride. Un bell’esempio viene da Cosenza, grazie a La Rivoluzione delle Seppie. Lo raccontano per noi Lucia Pierro e Marco Scarpinato.
Nuovi modi di intendere l’architettura richiedono anche nuove misure. Leggere (e rileggere) la seconda puntata del nostro speciale Architettura e inclusività, con l’articolo di Lucia Ferretti, aiuta ad esercitare una nuova, tremendamente necessaria, sensibilità: “Una società equa non può più ragionare in termini di normale/diverso, ma deve abbracciare la diversità reciproca e la convivenza delle differenze”.
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