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Il Giornale dell'Architettura - Newsletter 88
06/04/2017
Nella settimana in cui tutti i riflettori sono puntati su Milano capitale mondiale del design (riportiamo l'intervista al presidente del Salone del mobile Claudio Luti, mentre stiamo seguendo live sul nostro sito e sui canali social i principali avvenimenti, di cui non mancheremo di dare riscontro nella prossima newsletter), ci spostiamo all'estero, nelle isole di due capitali europee. Che cosa accomuna l'Ile de la Cité a Parigi lungo la Senna e la Museuminsel a Berlino lungo la Sprea? Una radicata "visione di futuro" che si fa interrogazione critica sul presente, capacità di programmazione e, di conseguenza, domanda di progetto. Una domanda di progetto che, per inciso, è formulata in maniera assai chiara e stimolante da alcuni anni a questa parte in Colombia; al punto che si è giunti a mettere a fuoco un'inedita tipologia funzionale: quella dei parchi educativi.
Tornando alla vecchia Europa, tuttavia per la "locomotiva tedesca" tale visione di futuro non è scevra di - grosse - remore verso un passato che fatica a passare: come dimostrato dalle polemiche intorno all'intervento sulla Haus der Kunst a Monaco di Baviera o dalle ricostruzioni à l'identique a Potsdam (con la vicenda emblematica del Barberini Museum che - doppia ironia della storia - era già copia esatta del famoso capolavoro barocco romano...). In altri casi, invece, il passato è più serenamente "metabolizzato": come quello industriale nel recupero di Dresda o come quello monumentale a Berlino, dove David Chipperfield, certamente il più classicista dei moderni, per i suoi Propilei non esita a esibire la carta dei colonnati (non così dissimili da quelli di Paul Ludwig Troost nella Baviera hitleriana).
E, mentre concludiamo il nostro viaggio a Pavia, siamo andati a vedere che succede in Cina se si decidono di abbattere le recinzioni della proprietà privata urbana - che non c'entrano con le postmoderne gated communities americane alla Truman Show.
Infine, riportiamo una riflessione che, prendendo a pretesto un allestimento teatrale a Oslo che cita letteralmente la tomba Brion di Carlo Scarpa, ragiona in termini semiologici sulla - libera - circolazione delle immagini.
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